Ex-camera dell’iconografia o delle scimmie
E’ l’ultimo ambiente riallestito da Guatelli e dai suoi collaboratori, idealmente diviso in due parti, con caratteristiche ibride, tenute insieme da un filo sottile.
Entrando, sulla sinistra, si incontra una scimmia imbalsamata che sorregge tra le mani uno specchio, come a invitare chi la guarda a cercare nel proprio volto il riflesso del passato.
Era uno di quegli animali esotici che giravano l’Europa e l’America con i loro padroni giocolieri, che partivano da Bedonia e Tarsogno – patria degli orsanti e degli scimmiari che allestivano spettacoli itineranti con questi animali – per raggiungere le mete più remote. Ed è lì a testimoniare, oltre alla miseria da cui fuggivano molti nostri antenati che vivevano sull’Appennino, anche la loro voglia d’evasione e la curiosità per mondi lontani e ferini che improvvisamente apparivano vicini e addomesticati.
Sulla destra, un grande ventaglio di scarpe si staglia sulla parete bianca.
Accanto ai giochi delle scimmie, sembrano alludere alla strada che gli emigrati hanno percorso per cercare mondi migliori. Ma il nesso non è esplicito, lo si può solo intuire o supporre. E’ certo che le scarpe dritte o allungate, oppure quelle con le suole chiodate o di legno, così come i pantaloni rammendati conservati vicini, testimoniano l’uso esasperato che l’economia di sussistenza del mondo contadino imponeva a chi le indossava.
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